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Punto di Vista: “Allarme infrastrutture, urge una mitigazione del rischio”

Marco di Prisco

La condizione dei manufatti da ponte in Italia non è molto diversa da quella di quasi tutti i Paesi del mondo che hanno vissuto un periodo di prosperità economica all’indomani della Seconda Guerra Mondiale.

Il boom economico raggiunto alla fine degli anni Cinquanta ha favorito la costruzione in quegli anni di una rilevante percentuale di manufatti in calcestruzzo armato, progettati seguendo lo stato delle conoscenze dell’epoca che non considerava alcune regole di progettazione solo successivamente definite con chiarezza, quali ad esempio le regole relative alla progettazione delle zone diffusive o quelle relative al calcolo dell’apertura di fessura in regime di esercizio, entrambi rilevanti al fine di garantire la sicurezza e la durabilità nel tempo di tali opere.

L’aumento considerevole dei carichi prevalentemente dovuto al trasporto di mezzi eccezionali fino ad un carico massimo di 108 t, spesso utilizzato non per l’impossibilità di trasporto di un carico indivisibile ma solo per economizzare il trasporto delle merci, ha incrementato considerevolmente le azioni sollecitanti soprattutto nei manufatti di luce ridotta, riducendone significativamente il coefficiente di sicurezza.

L’assenza di segnaletica atta a limitare la massa del trasporto, che a seguito di una verifica statica accurata indichi il massimo carico consentito nel rispetto del coefficiente di sicurezza adottato all’atto della costruzione, e la difficoltà di misurare il degrado presente nell’infrastruttura esistente, operando interventi di ripristino secondo una procedura affidabile e standardizzata, rischia – nel breve termine – di rendere sempre più complesso il calcolo della sicurezza, rendendo difficoltosa una adeguata programmazione della manutenzione straordinaria e il monitoraggio nel tempo delle condizioni di sicurezza delle infrastrutture esistenti.

Urge un’indicazione chiara del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti a tale riguardo, poiché  l’eccessivo frazionamento delle responsabilità, che riversa queste ultime su soggetti pubblici a vario livello (regionale, provinciale e comunale) spesso privi delle necessarie competenze tecniche e di risorse economiche adeguate per l’intervento, sta trasformando la irrinunciabile garanzia di sicurezza pubblica nel trasporto nella ricerca di un responsabile che funga da capro espiatorio di futuri disastri annunciati.