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La costruzione del tunnel Eurasia

In Turchia, il più attuale fra i tracciati interrati sotto al Bosforo

La costruzione del tunnel Eurasia

L’alleggerimento del traffico urbano

La dimensione delle gallerie non ha di fatto reso più semplice la costruzione. Tuttavia, il tunnel Eurasia è in grado di assolvere ai suoi compiti: dovrebbero transitare circa 100.000 auto al giorno nelle due direzioni e su due carreggiate sovrapposte. Soprattutto i pendolari che dal Sud devono attualmente percorrere il primo ponte sul Bosforo verso il centro perennemente intasato potranno passare direttamente sull’altra riva. Nelle ore di punta, l’opera sarà in grado di accorciare il percorso da 100 a 15 minuti.

Anche il Fathi-Sultan-Mehmet, il ponte più a Nord e momentaneamente secondo “collo di bottiglia” per il traffico stradale fra i due continenti, potrà essere alleggerito del traffico congestionato. Se tutto procederà come pianificato, la galleria sarà quindi in grado di agevolare la circolazione della metropoli – che conta 18 milioni di abitanti – rendendola più fluida e riducendo notevolmente le emissioni di CO2.

La più versatile fra le frese meccaniche

“Siamo Ingegneri: quando si presentano problemi inaspettati è nostro compito risolverli” – spiega Naim Isli, Project Manager della Yapi Merkezi. A soltanto 17 km di distanza dalla galleria si trova infatti una zona geologica di faglia nella quale si possono manifestare forti scosse telluriche (e la cosa non è poi tanto rara considerando l’ubicazione di Istanbul posta nelle vicinanze di due placche tettoniche). La soluzione risiede in due rivestimenti speciali ad anello che, in caso di terremoto, si muovono come articolazioni dando alla galleria la flessibilità necessaria.

Per Naim Isli, “La composizione geologica del suolo è stata fonte di grandi preoccupazioni” – racconta l’appassionato Costruttore di tunnel indicando sulla parete dell’ufficio un disegno tecnico che mostra il sottosuolo e il tunnel sotto il Bosforo. “Abbiamo dovuto affrontare alternativamente terreni sconnessi formati da sabbia, argilla e ghiaia, ma anche zone di arenaria, scisti argillose e terreni vulcanici; un sottosuolo che poteva essere gestito soltanto da una fresa meccanica Mixshield, la più versatile tra le TBM. La sua testa di scavo è infatti corredata da diversi utensili per ogni eventualità: grosse lame grattano il terreno morbido dal fronte di avanzamento che viene mescolato a una miscela di acqua e argilla (bentonite) e trascinato poi, attraverso un circuito di trasporto idraulico, nell’impianto di separazione situato presso il cantiere di partenza.