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La manutenzione dei giunti del viadotto dei Parchi

Un eccellente esempio di durabilità nel ripristino del calcestruzzo armato

La manutenzione dei giunti del viadotto dei Parchi

Definizioni e risoluzioni

Le indagini hanno indicato uno stadio di corrosione avanzata, dovuta principalmente alla presenza di cloruri, confermata anche dalle analisi di laboratorio eseguite sui campioni di calcestruzzo prelevati. Nello specifico i risultati della mappatura del potenziale hanno evidenziato quanto segue:

  1. i cloruri sono penetrati nel calcestruzzo attaccando le armature e innescando la corrosione. Questo processo si è sviluppato piuttosto rapidamente;
  2. l’area delle armature in corrosione è rimasta contenuta mediamente all’interno dei 2 m per lato a cavallo del giunto nella parte più “antica” (viadotto originario anni Settanta), ed entro 0,5 – 1 metro nella parte più nuova (allargamento anni Novanta).

Quando il danno diventa visibile sulla superficie del copriferro, le armature all’interno sono già in uno stato avanzato di corrosione e di conseguenza, a causa di questo fenomeno latente, se non s’interviene in maniera adeguata, si rischia di raggiungere livelli di degrado estremamente elevati. È per questa ragione che è di fondamentale importanza arrestare o mitigare il processo di corrosione in atto. Una valida soluzione a tale problema è data dall’installazione di un sistema di protezione catodica con il quale è possibile arrestare il processo di degrado.

Questa tecnica prevede l’uso di un materiale “sacrificale” (polo positivo o anodo) che, a contatto con l’acciaio dell’armatura (polo negativo o catodo), si corrode al suo posto, consumandosi lentamente nel tempo e favorendo così la conservazione dei ferri d’armatura e dell’intera struttura. Il sistema funziona in pratica come una batteria dove il calcestruzzo funge da elettrolita. Tali sistemi, sia quello a corrente impressa che richiede l’uso di una fonte di energia elettrica, sia quello di tipo galvanico, che non richiede alcuna fonte di energia esterna, possono arrestare i processi di corrosione in atto sulle armature in acciaio prolungando sensibilmente la vita utile della struttura. Nel caso specifico è stato previsto un sistema di protezione catodica di tipo galvanico composto da anodi laminari di zinco, conformi alla Norma ISO 12696 “la protezione catodica dell’acciaio nel calcestruzzo”. Tale sistema ha la caratteristica di essere facilmente applicabile e fornisce un elevato livello di protezione anticorrosiva grazie alla notevole superficie anodica installata ed esposta all’armatura da proteggere.

I vantaggi riscontrati nell’utilizzo di tale tecnica sono risultati:

  • distribuzione della corrente ottimale;
  • nessun costo di manutenzione;
  • possibilità di aggiungere anodi sacrificali anche dopo l’istallazione;
  • nessuna interferenza;
  • facilità di istallazione.

Inoltre, intervenendo sullo spessore delle lamine, è possibile dimensionare il sistema per una durata utile di funzionamento che va dai 20 ai 50 anni. Il sistema di protezione ad anodi di sacrificio (anche detto “galvanico”) è in questi casi solitamente preferito ai sistemi a corrente impressa in quanto, grazie alla sua bassa “driving force” elettrochimica pari a circa 1 Volt, non costituisce pericolo per tutti gli acciai armonici pretesi ad alta resistenza inclini al fenomeno di infragilimento da idrogeno.

L’intervento di ripristino

Grazie alla particolare attenzione da parte del gestore dell’opera, si è deciso di intervenire per ripristinare e proteggere in maniera durevole ed innovativa le zone particolarmente degradate della soletta in corrispondenza dei giunti del viadotto. L’impresa Nuove Iniziative Srl di Milano, nel corso del 2015 ha eseguito i lavori di ripristino utilizzando il ciclo d’intervento di seguito descritto.

La preparazione del supporto

Dopo un’attenta diagnosi delle cause e dell’estensione del degrado, la prima operazione eseguita è stata la preparazione del supporto. Questa lavorazione è fondamentale per conseguire un risanamento durevole, in quanto necessaria per eliminare materiale inquinato, non coerente ed in fase di distacco. Sono stati rimossi mediamente 2-3 cm di calcestruzzo, dopodiché, su alcuni ferri esposti sono state fissate – tramite saldatura – delle barre (tre per ogni giunto) filettate zincate. Queste fungono da collegamento tra la lamina di zinco, applicata successivamente, e le armature all’interno del calcestruzzo.

Il ripristino dello spessore di calcestruzzo

Dopo l’idroscarifica, le superfici sono state nuovamente lavate con acqua in pressione, in modo da ottenere un supporto saturo ma asciutto in superficie (condizione s.s.a.), successivamente è stato eseguito il ripristino dell’intradosso della soletta mediante una malta strutturale premiscelata. Nello specifico, è stato molto vantaggioso utilizzare la malta tissotropica strutturale fibrorinforzata Mapegrout Easy Flow in quanto

in grado di essere pompata per lunghe distanze e notevoli prevalenze, oltre che poter essere applicata a spessore, anche a plafone, senza la necessità di posizionare casseri. Mapegrout Easy Flow soddisfa tutte le caratteristiche precedentemente descritte oltre a rispondere ai principi definiti nella EN 1504-9 e ai requisiti minimi richiesti dalla EN 1504-3 per le malte strutturali di classe R4.