Le esperienze internazionali di oltre 40 anni di utilizzo, monitoraggio e sperimentazione hanno evidenziato il netto miglioramento della resistenza a fatica di pavimentazioni stradali realizzate con “asfalti gommati”; la scarsa suscettività termica e le eccezionali caratteristiche di adesione/coesione del legante “gommato” garantiscono un vantaggioso incremento della durabilità delle pavimentazioni stradali.
Ciononostante, vi sono ancora notevoli resistenze ad accettare l’impiego di tale materiale.
Complice una Normativa ambientale di non facile lettura, il polverino di gomma è spesso erroneamente confuso come rifiuto, sebbene le autorizzazioni degli impianti di riciclo lo definiscano a tutti gli effetti un “prodotto”.
Tale confusione indebolisce la fiducia delle Imprese che potrebbero trarre vantaggio dall’uso di un materiale riciclato di alta qualità ma che, per non rischiare eventuali contestazioni o accuse di vario genere, preferiscono soprassedere. Inoltre, lo status di ex-rifiuto consolida nell’immaginario comune un’idea negativa associata troppo spesso a qualcosa di sporco e tossico.
Nonostante l’elevato numero di studi scientifici che ne hanno dimostrato la “non pericolosità”, la gomma riciclata da PFU è ancora oggi spesso vista come un materiale “critico”.
La mobilità del polverino di gomma
Il polverino di gomma è ottenuto da semplici trattamenti meccanici che non alterano le proprietà chimiche del materiale; la composizione del polverino è identica a quella degli pneumatici di origine e contiene le medesime sostanze presenti nella gomma degli pneumatici nuovi. È quindi ragionevole domandarsi se le sostanze potenzialmente pericolose presenti negli pneumatici possano essere rilasciate nell’ambiente attraverso l’impiego del polverino da essi ottenuto.
Una prima considerazione riguarda quindi la mobilità delle sostanze indesiderate nei due scenari di utilizzo: l’uso normale degli pneumatici e l’impiego di polverino nelle miscele bituminose.
L’attrito con le pavimentazioni stradali provoca l’abrasione del battistrada degli pneumatici che, giunti a fine vita, risultano più leggeri del 10% circa.
La gomma mancante è stata ridotta in polveri fini (< 30 micron) che, insieme ai gas di scarico e all’usura dei freni, concorrono alla produzione del particolato inalabile generato dal traffico veicolare. Le dimensioni del particolato sono fino a 1.500 volte inferiori a quelle del polverino di gomma (non inalabile) utilizzato per la modifica di conglomerati bituminosi. Oltre al fattore dimensionale, il polverino di gomma che viene inglobato nella matrice bituminosa non risulta disperdibile nell’ambiente.
Da questa considerazione discende che i due scenari di esposizione per la salute umana e per l’ambiente sono necessariamente diversi, in quanto l’esposizione al polverino riciclato utilizzato nelle pavimentazioni stradali è prevalentemente limitata all’esposizione dei lavoratori nel corso della posa in opera del conglomerato, mentre il rilascio di particolato derivante dall’erosione degli pneumatici è di interesse per l’ambiente e la popolazione generale.
Le concentrazioni di IPA nel poverino e nei bitumi
La presenza di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) nella gomma di pneumatici è dovuta all’uso di Carbon Black, un filler carbonioso ampiamente usato nel settore gomma-plastica, e – fino al 2010 – all’uso di oli plastificanti aromatici.
Le concentrazioni di IPA nel polverino recuperato da Pneumatici Fuori Uso non sono diverse da quelle già presenti nei bitumi stradali in commercio. Confrontando i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità e quanto riportato da Asphalt Institute e Eurobitume si può concludere che le concentrazioni medie di IPA nel polverino da PFU e nel bitume sono paragonabili, risultando pari a circa 18 mg/kg per il polverino e 14,6 mg/kg per il bitume. Siccome il polverino viene impiegato in una proporzione non eccedente il 20% della componente bituminosa, non è da attendersi un incremento significativo della concentrazione di IPA nei bitumi “gommati”.
In aggiunta, come effetto della restrizione n° 50 dell’allegato XVII del Regolamento REACh, entrata in vigore nel 2010, che proibisce l’utilizzo di oli di processo per la produzione di pneumatici con un contenuto di IPA superiore ai 10 ppm, ci si attende che il contenuto di IPA negli pneumatici scenda ulteriormente, così da rendere del tutto trascurabile il contributo addizionale di IPA alla miscela bituminosa.
Il rischio incrementale per gli operatori
Per gli IPA, classificati come cancerogeni di categoria 1b in base al Regolamento UE 1272/2008, non esiste una soglia di concentrazione al di sotto del quale il rischio può essere considerato nullo.
Pertanto, è opportuno effettuare una valutazione del rischio per verificare se, in base alle concentrazioni attese ed alle modalità di esposizione, il rischio incrementale rispetto alla condizione di esposizione nulla possa essere valutato come “trascurabile” o “accettabile”.
Per ciò che concerne la sicurezza dei lavoratori, uno studio recente commissionato dal Governo svedese riporta i risultati dei monitoraggi effettuati in cantieri stradali durante la posa in opera di conglomerati bituminosi convenzionali e modificati con l’aggiunta di polverino da PFU. Tali dati forniscono misure dirette di concentrazioni di IPA nelle due situazioni a confronto.
Le valutazioni di rischio effettuate sulle basi di tali dati evidenziano che, se la temperatura di posa in opera non supera i 160°C, il rischio incrementale associato agli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) per gli operatori più prossimi alla tramoggia e al banco della finitrice (ovvero quelli maggiormente esposti) rimane al di sotto del valore di 1×10-5, valore considerato accettabile negli ambienti di lavoro. Tale rischio non si differenzia da quello associato alla posa in opera di manti convenzionali. Così come per la posa in opera di conglomerati bituminosi convenzionali, tale rischio può quindi essere ulteriormente ridotto, al di sotto di valori ritenuti accettabili per la popolazione generale, tramite l’adozione di corrette procedure operative e l’utilizzo di normali Dispositivi di Protezione Individuali.
Rischi e benefici per la popolazione generale e per l’ambiente
Il rischio è definito come combinazione di un evento sfavorevole e della sua probabilità di accadimento. È quindi evidente come, per definizione, il rischio non sia mai nullo.
Tuttavia, il rischio addizionale, definito come la differenza fra un rischio associato ad un determinato scenario di esposizione, e quello associato ad una condizione pre-esistente non nulla, può essere nullo o addirittura negativo, nel caso la nuova condizione comporti una diminuzione dell’esposizione rispetto a quella di riferimento. Relativamente agli inquinanti eventualmente presenti nel polverino, è da considerare in primo luogo che il polverino recuperato, ed eventuali sostanze in esso presenti, risultano prevalentemente legati nella matrice bituminosa e la quantità di polverino eventualmente erosa dal manto stradale è del tutto trascurabile rispetto a quella normalmente rilasciata dagli pneumatici nel corso del loro consumo.
Va inoltre considerato che le pavimentazioni realizzate con “asfalti gommati”, come dimostrano alcune sperimentazioni, hanno tessiture regolari che determinano un consumo di battistrada ridotto rispetto a quello che si osserva su manti stradali convenzionali.
Altro fattore ambientale da considerare nel bilancio è la minore rumorosità delle pavimentazioni gommate. Le numerose esperienze condotte negli Stati Uniti e in Europa hanno mostrato che questo tipo di pavimentazioni sono in grado di ridurre sensibilmente la rumorosità stradale da 3 a 5 dB rispetto a pavimentazioni tradizionali.
Le pavimentazioni “gommate” potrebbero quindi determinare vantaggi ambientali in termini di riduzione delle polveri inalabili generate dall’usura degli pneumatici e di riduzione dei livelli di rumorosità.
Conclusioni
Le esperienze d’insieme degli studi finora condotti, sia sul panorama internazionale che su quello nazionale, si mostrano positive e muovono verso nuovi scenari applicativi. Molti risultati dei test e delle indagini condotti in diversi ambiti concordano sugli esiti raggiunti e condividono le medesime considerazioni riguardanti aspetti tecnici e prestazioni ambientali.
Nell’ambito della cultura complessiva del riciclo, il reimpiego dei Pneumatici Fuori Uso rappresenta oggi una grande opportunità di miglioramento delle prestazioni ambientali delle infrastrutture stradali, con importanti conseguenze positive sull’ambiente dell’avere un’alternativa convenzionale per la riabilitazione stradale e le nuove costruzioni.
Relativamente alle problematiche di salute e sicurezza per l’uomo e l’ambiente, il rischio addizionale associato all’utilizzo di polverino derivante da PFU in conglomerati bituminosi è da considerare trascurabile o nullo, ovvero non si evidenzia un incremento del rischio per la salute o per l’ambiente rispetto alle pavimentazioni stradali convenzionali.